Riflessioni al tempo del coronavirus
Tom Leighton, bravissimo fotografo-artista inglese, con le sue opere fornisce una lucida e significativa rappresentazione dei paesaggi contemporanei.
Da nativo digitale elabora fotomontaggi composti di frammenti estratti dai loro contesti e rimontati all’interno di suggestive scenografie, nelle quali si fondono culture e geografie, icone e simboli, stilemi e grammatiche, svincolati dalle loro radici e dal tempo storico.
I suoi paesaggi sono sempre abitati da una folla brulicante che si sposta, ammaliata da invisibili pifferai che generano flussi fisici e virtuali attraverso il pianeta: lo story telling è quello della circolazione globale, delle nuove forme di consumo legate al tempo libero, alla moda e alla pubblicità, al turismo di massa.
Nelle opere di Tom Leighton il mondo diventa una successione di eventi e di spettacoli, un ‘iperterritorio’ senza passato e senza futuro, immerso in quello che Marc Auge chiama l’eterno presente dell’immaginario: i suoi paesaggi ci raccontano di una percezione dei luoghi sempre più sbilanciata dal culto dell’immagine riprodotta e manipolata, ma, nonostante questo, spesso unica fonte su cui costruire un percorso di conoscenza.
I paesaggi che la contemporaneità sta costruendo nella realtà sono molto simili alle scenografie digitali di Tom Leighton: dalla Cina agli Emirati Arabi, dalla periferia di Milano al centro di un qualsiasi paese padano, i nuovi paesaggi si presentano spesso come accostamento di stilemi, tecnologie, linguaggi del tutto avulsi dalle caratteristiche dei contesti e questa forma di ‘eclettismo linguistico’ sta coprendo il mondo di luoghi che si replicano uguali a se stessi e uguali ovunque.
Immerse nelle logiche del marketing globalizzato le città competono per attirare flussi, programmando calendari di grandi eventi e adeguando alla logica della comunicazione e dell’immagine anche il senso e gli obbiettivi delle politiche culturali.
Il culto dell’immagine permea anche il nostro rapporto con la Storia: è un tema complesso che, riferito ai paesaggi, è alla base delle scelte (o delle non scelte) di conservare e tutelare i beni culturali e i monumenti che il passato ci ha consegnato.
È un tema variamente declinato nelle diverse culture e nel quale l’Italia può vantare un primato indiscutibile, non solo per il patrimonio straordinario che detiene, ma anche per l’elaborazione teorica e per l’esperienza maturata intorno alla disciplina del restauro e della tutela che nel nostro paese raggiungono vertici avanzatissimi fondati su una tradizione secolare.
È certo comunque che l’onda travolgente della contemporaneità, la percezione superficiale e frammentaria, la mancanza di uno sguardo profondo e lungimirante non giocano a favore della conservazione attiva dei paesaggi.
Anche il patrimonio storico diventa in molte occasioni immagine da vendere nei circuiti del turismo, stereotipo puramente visivo, fondale scenografico di varie sponsorizzazioni, in un sistema di valori che privilegia le apparenze e l’esteriorità rispetto alla conoscenza approfondita del bene culturale, che è fatta in gran parte di cose che non si vedono.