Il processo di esclusione dal ‘diritto alla città’ si è accentuato negli ultimi anni grazie alla cosiddetta pianificazione strategica, che ha concentrato il compito della trasformazione territoriale in mano a pochissimi attori, in un rapporto tra interesse diffuso e interesse puntiforme sbilanciato.
I risultati sono fallimentari non solo dal punto di vista ambientale e sociale, ma anche dal punto di vista economico e , a differenza degli ‘incomprensibili’ meccanismi che li generano, sono facilissimi da capire nei loro esiti reali, con tutta la loro negatività.
Le persone sono arrabbiate, insofferenti, ostili ( ormai a priori) a qualsiasi cambiamento.
L’interesse dell’impresa privata, che è un irrinunciabile motore di creazione di valore sociale, deve trovare posto all’interno di una regia che sappia tutelare l’interesse diffuso, ricomponendo lo sbilanciamento patologico che ha caratterizzato gli esiti ambientali e sociali della speculazione edilizia: le amministrazioni hanno prioritariamente questo compito .
IL TERMINE 'INTERESSE PUBBLICO' NON E' STATICO E DEFINIBILE UNA VOLTA PER TUTTE. CAMBIA CON LA SOCIETA' E CON IL QUADRO DEI BISOGNI: LA PARTECIPAZIONE 'DAL BASSO' DEI CITTADINI DIVENTA UNO STRUMENTO FONDAMENTALE PROPRIO PER RIEMPIRE DI SENSO E CONTENUTI QUESTO TERMINE, ADEGUANDOLO AI BISOGNI DEL PRESENTE.