Amo l’arte, i suoi squilibri, le sue esagerazioni: l’ho sempre considerata un luogo di salvezza in cui i limiti umani possono trovare un momento di catarsi e di riscatto, di sublimazione e di contenuti alti.
Gli artisti ci salvano dalla noia della quotidianità, dalla sua volgarità, dal suo essere prevedibile e scontata.
Questa credenza consolante e romantica è stata messa a dura prova durante alcune manifestazioni artistiche alle quali mi è capitato di partecipare.
Ma perché se l’arte è il prodotto di anime inquiete e non conformi, perché il mondo che le ruota intorno è a volte, all’opposto, un condensato di mediocrità amplificata in modo esponenziale?
Perché se l’arte può esistere solo fuori dai territori rassicuranti e tiepidi della banalità, perché coloro che acquistano, guardano, discutono di arte sono sovente banalissimi rappresentanti del popolo del buon gusto?
Come può un individuo rozzo e volgare come il Sig. X essere pure, contemporaneamente, un grande collezionista di arte? Come può un palancaio come lui, grasso di cibo e di benessere, stabilire una sintonia con la dolente astrazione dell’opera che ha esposto in casa sua?
Il contrasto a volte è così stridente da mettere perfino in dubbio il primo assunto: ma davvero l’artista è l’antitesi del conformismo? Lo hai mai incontrato e conosciuto l’autore dell’opera?
Purtroppo sì…… durante la vernice… …… L’ho visto aggirarsi come un avvoltoio affamato alla caccia di clienti danarosi, pronto a tutto per vendere al migliore offerente: nei suoi occhi, come in quelli di Zio Paperone, era stampato il marchio dei dollari……il suo abbigliamento e i suoi modi apparentemente casual, erano un calcolato mix di eccentricità e ortodossia secondo i parametri e le aspettative del buon gusto, quel pizzico di originalità non solo tollerato, ma richiesto ai creativi da coloro che amano alla follia pensare a se stessi come a generosi mecenati, abili scopritori di talenti .
Hai notato come l’artista sia in realtà uno scaltro uomo d’affari, pizzicagnolo dei sentimenti, avido e meschino? Come la sensibilità celebrata nelle recensioni altro non sia che una narrazione inventata, potenza e cinismo della parola sofista, dabbenaggine del popolo del buon gusto, che si lascia abbindolare, soddisfatto di smacchiarsi l’anima rimuovendo la propria untuosa mediocrità?
Ecco perché temo le vernici……… Le mie aspettative sono intense e le delusioni per questo amare… La caduta dai sogni è dall’alto e il tonfo nella realtà può solo essere violento e traumatico.
Alcune manifestazioni non sono l’arte, sono ciò che gli sta intorno, espressione del mercato e delle sue logiche, per molti versi esattamente agli antipodi.
Per questo ogni volta che mi capita di andarci mi riprometto che sia l’ultima: voglio continuare a pensare all’arte come a una risorsa insostituibile, a una spiaggia riparata dal buon gusto dominante.
Credo, fermamente credo, che l’artista sia un essere in lotta con la meschinità dell’esistenza e dei sentimenti e non un cinico venditore di spiritualità confezionate su misura per un pubblico di idioti feroci e incompetenti.

illustrazione © Francesca Perani

 

P.S. Mi piace scrivere a caldo, gettare fuori irruenti e dirette le emozioni che accompagnano la mia esperienza degli eventi.
I testi scritti così , richiedono poi, a freddo, approfondimenti, commenti e spiegazioni.
Arte e mercato dell’arte si reggono reciprocamente in maniera inestricabile, attualmente non disgiungibile.
Chiamo mercato la rete fittissima di connessioni che si stabilisce tra chi crea un’opera, chi la guarda , chi l’acquista per possederla, chi l’acquista per farne un buon investimento, chi la vende e la promuove e ancora chi ne parla e la comunica, chi ne scrive, chi ci lavora….
All’interno di questa rete interagiscono soggetti e atteggiamenti disparati che, intrecciandosi, formano e deformano i significati , le percezioni, i valori economici, l’idea stessa di creatività e di arte. Nessun artista può pensare di sfuggire alle maglie della rete, di giocare altrove o di starne fuori: avere una collocazione dentro la trama del mercato non è un’opzione, è un dato di realtà, non è un fattore marginale, ma è un contenuto fondamentale della poetica e della concezione stessa dell’arte, non solo della sua fortuna commerciale.
Ci sono casi eclatanti… Damien Hirst per citare solo un esempio emblematico di poetica generata dal cortocircuito tra arte e comunicazione, astrazione e concretezza, denaro e successo…….
Le entità che operano dentro il mercato sono per molti versi opposte e il loro contatto genera frizioni e scintille, a volte fiammate e incendi devastanti.
La libertà di chi proietta lo sguardo verso orizzonti lunghi e visionari impatta contro la grevità di chi traduce tali prospettive impalpabili in denaro, in listini di prezzi, in battiture all’asta.
Il rischio del futuro – che è un’urgenza inevitabile per chi produce arte – confligge con chi, all’opposto, investe il suo denaro per comprare e si aggrappa alla certezza del passato, ai valori già consolidati e non più discutibili. Il rapporto tra artista e collezionista contiene in premessa un conflitto lacerante, che trova soluzione spesso soltanto dopo la morte, cioè con la fine della ricerca e della sperimentazione dagli esiti imprevedibili e con l’inizio della celebrazione e del già noto.
Il presente è per l’artista materia incandescente di indagine, coscienza critica , a volte vivisezione crudele, sogno, passione morbosa, tensione e nevrosi .
Per il mercato il presente è riconoscibilità, comunicazione, popolarità, standard, catalogazione, lusso, distinzione sociale……
L’artista si espone a chi guarda, interpreta, decodifica, racconta, crea storie parallele e altre. Anche il rapporto con la critica non è poi così semplice, contiene asprezze e incomprensioni, ritardi e tradimenti.
La ricerca di riconoscimento e di immortalità che divora gli artisti, i loro sogni, le loro aspettative , le loro presunzioni di unicità, a volte è tanto intensa e infantile da essere patetica dentro la voragine tritatutto del consumo, arte come merce tra le migliaia di merci, segno nell’oceano dei segni. Nessuna unicità, ma un sistema di continue ri-edizioni del già detto e del già fatto…
L’arte è tutto questo…violenza esistenziale e mondanità frivola, povertà e iper ricchezza, invenzione e accademia, bestemmia urlata e cicaleccio da salotto, follia e meschinità, narrazione continua e continua incomprensione…..
Certo, una giornata alla fiera dell’arte contemporanea di Bologna non può lasciarti tranquilla e indifferente: il cervello funziona a pieno ritmo e il cuore batte forte travolto dalla grande ondata di sollecitazioni dentro cui si trova immerso.

illustrazione © Francesca Perani