Bruno stava seduto su una sedia, fuori dal tendone e dalla baraonda che lo riempiva, bambini teatranti, suoni ed urla.
Appariva stanco e frastornato. “Ho bisogno di un po’ d’aria” diceva.
Gli occhi erano tristi e lontani: in quella sera di spettacolo di strada ripercorreva un’esistenza fatta di passione, di dedizione al teatro, di amici, incontri, delusioni, battaglie.
La sua vita.
Era vecchio: seduto sulla sedia nel piazzale addobbato per la sagra del quartiere sembrava un ritratto del Piccio sessantenne, coi contorni sfaldati, sconfitti insieme alle certezze, dal colore che era ovunque , come i vegetali sui rocchi di pietra dei ruderi che un tempo erano architetture, fiere, classiche, inni alla ragione: i baffi dorati con tocchi di grigio, si perdevano negli occhi azzurri venati di rosso e sfioravano le sopracciglia folte spettinate come i capelli ricci che creavano un’aureola gialla intorno al volto.
La vecchiaia ha qualcosa di patetico e contemporaneamente di eroico e di struggentemente umano.
Passiamo la vita a costruire forme, a separare e distinguere, a catalogare e scegliere: da adulti ragionevoli e forti disegniamo contorni, tracciamo confini con linee sicure, perentorie che ci aiutano a vivere.
Da vecchi non più.
La materia dei muscoli si consuma, i contorni perdono nettezza e domina la luce, una luce che non ci ritaglia più come entità staccate sullo sfondo del mondo, ma, al contrario, ci unisce all’aria, ci confonde con ciò che ci circonda in un tutto unico, polverizzando la nostra identità nel magma dell’essere.
Commovente pietà Rondanini, in-finita, sospesa senza limiti tra l’essere e il non essere, attimo di forma che sta per perdersi e che poi, in un futuro remoto, tornerà a condensarsi nell’arte di un’anima immensa.
Grande, vecchio Tiziano. Tremante e invincibile, umano, morente in un grumo di luce, …… ti penso alla ricerca del tuo volto con le dita immerse nella poltiglia dei colori.
Grande Francisco. Chiuso nella tua quinta, sordo ai richiami del mondo e alle sue illusioni, avvolto in una nube nera densa di sofferenza e consapevolezza.
Grande, vecchio Piccio. Grandi maestri di umanità e di senso.
Dinnanzi alla vostra grandezza le civetterie del buon gusto diventano gabbie asfissianti, perdute nel mare della vita che sta tutta di fuori.