La terapia funziona.
Ho iniziato a scrivere queste pagine con l’obiettivo di fare emergere le cause dei miei frequenti malesseri, guardarle in faccia e dar loro la forma di una narrazione, riuscendo a guarire.
L’attività quotidiana della scrittura, si è trasformata via via in un’attitudine “finalizzata” a osservare il mondo e ciò rende quello che percepisco meno emotivo, allo stesso modo di come uno sguardo analitico, riesce a trasformare il primo impatto in una trascrizione più lucida e asettica.
All’approccio di chi pensa di aver ragione e per questo di fronte alle ragioni degli altri accumula continue e amare delusioni, sto imparando a sostituire l’approccio di chi esamina, si mette all’ascolto, tenta di capire ciò che non condivide: spesso, peraltro, mi rendo conto che non si condivide ciò che non si capisce e che, capire è un passo fondamentale se si vuole cambiare ciò che non ci piace.
Come dice Bruno la vera differenza si verifica quando ci si spoglia dai panni del missionario per indossare quelli dell’antropologo.
È stato proprio lo sguardo freddo dell’analista che mi ha consentito l’altra sera di far fronte con compostezza e buona resistenza alla situazione in cui mi trovavo .
La cornice era quella della festa dell’unità organizzata come tutti gli anni dai Democratici di Sinistra: rispetto agli anni precedenti erano state apportate alcune migliorie, talmente lievi e marginali rispetto alla sostanza, da essere quasi irritanti, come potrebbe esserlo un trattamento cosmetico sulla pelle del viso di un lebbroso.
In un piazzale periferico asfaltato erano parcheggiate bancarelle e tensostrutture, giostre e amenità varie: si potevano acquistare etno-cianfrusaglie, frittelle, zucchero filato, musica, divertimento, ideologia e approfondimenti.
Come sempre la facevano da padroni i punti di ristoro dove si poteva mangiare di tutto, dal pesce al kebab, dalle salamelle alla pizza.
Poi c’era il grande palco per i concerti, anche se in realtà la musica era ovunque, di tutti i generi, per tutti i gusti, proveniente da ogni bancarella, da ogni giostra, da ogni palco minore.
Finalmente dopo anni di travagli, lo spazio dibattiti era stato collocato all’estremo opposto del piazzale rispetto al grande palco delle esibizioni musicali dal vivo e per fortuna chi parlava non era più costretto a competere con il frastuono assordante e le vibrazioni delle batterie punk-rock. Già, perché se è vero che una buona colonna sonora aiuta anche la peggiore delle sceneggiature, è altrettanto vero che nessun dibattito serale sul liberalismo economico potrà mai uscire vincitore da un confronto con Elio e le Storie Tese o con i Venditori di Liquori.
Un pubblico transgenerazionale, transrazziale, uomini e donne, vecchi e ragazzi, arabi e senegalesi, punk e compagni, si muoveva nel recinto della festa, in un’orgia di suoni e frastuoni, di segni e di-segni…
… La chiamano festa dell’unità, ma, dal punto di vista semantico, nulla è meno unitario di questa festa.
Nello spazio dibattiti due parlamentari di aree opposte parlavano dei nuovi provvedimenti in materia di liberalizzazione, ospiti di un talk show insieme a un vecchio sindacalista e al presidente di un’associazione consumatori, interrogati da un giornalista del quotidiano locale.
In parte al mio tavolo, alcuni punk a bestia con capigliature rasta si stavano rollando canne smisurate, aggiungendo l’ennesimo odore ai tanti già presenti, del tutto indifferenti a quello che sul palco stavano dicendo, non per una distrazione temporanea, ma per una radicale differenza di codici, un’assoluta incompatibilità di stili di vita…
Se è vero che i segni “segnano” mi trovavo in una situazione di ipersollecitazione sensoriale, che riguardava le orecchie, il naso, gli occhi……… suoni, odori, immagini e icone………
……… La chiamano festa dell’unità ma tutto parla di differenze, di opposizioni, di contrasti violenti, di comunità inesistente…
Anche in questa situazione il gusto inteso come capacità di “pesare” i segni, di calibrarli, di amarli e finalizzarli all’espressione era assente, sostituito da un vocio babelico che finiva con il confondere e annullare tutti i significati………
……… Si chiama festa dell’unità e invita a raccolta in nome della solidarietà, della giustizia sociale, della dialettica e dell’ impegno…
Nell’epoca della comunicazione di massa e delle nuove tecnologie perché non provare a immaginare quali altre nuove estetiche e nuove rappresentazioni potrebbero supportare simili contenuti?